Chen Zhen al Pirelli HangarBicocca: la retrospettiva

Sostenere le attività culturali, per quanto possiamo, fa bene sia a chi le promuove che a chi ne fruisce, e se c’è un posto dove mi sono sentita del tutto tranquilla è la Fondazione Pirelli HangarBicocca, anche se era domenica e la gente certo non mancava.

Pirelli HangarBicocca

Era una fabbrica in cui si costruivano locomotive – e io ripenso al Museo d’Orsay e alla Centrale Montemartini, tanto mi piacciono luoghi in cui arte, macchine e locomotive vengono accostati –, oggi è un enorme spazio dedicato all’arte contemporanea, dove l’accesso è gratuito, vengono rispettate le norme anti-contagio e la visita comincia all’info point, dove vengono forniti degli opuscoletti ricchi di informazioni da leggere anche dopo che l’esperienza si è conclusa.

Al momento le mostre in corso sono due temporanee e un’installazione permanente: The eye, the eye and the ear di Trisha Baga, Short-circuits di Chen Zhen e I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer

Short-circuits, la retrospettiva a vent’anni dalla morte di Chen Zhen

A osservare le installazioni di Chen Zhen, colpisce ancora l’attualità e la capacità di comunicare subito messaggi riconoscibili e molto vicini a noi ancora oggi.

Chen Zhen, le opere in mostra all’Hangar Pirelli Bicocca

Six Roots Enfance, per esempio, rappresenta l’infanzia, ma il relitto capovolto con le incrostazioni in mostra e quei soldatini agguerriti, oggi potrebbero evocare altre guerre che si disputano ciclicamente sulla pelle dei migranti.

The Voice of Migrators racconta della globalizzazione e dei migranti in paesi stranieri, tema che Chen Zhen conosceva bene, visto che a trent’anni era andato via dalla Cina per studiare arte in Francia.

Six Roots Enfance

E il periodo francese, così denso di nuove scoperte, ritorna ne Le Rite suspendu / mouillé, del ’91, in cui riunisce strumenti che ha trovato nel luogo in cui ha studiato, l’École nationale supérieure des beaux-arts, dopo averli immersi in acqua e pigmento rosso, a raccontare «le forze invisibili insite nel luogo, richiamare l’esperienza della scuola d’arte, quella in Cina come quella in Francia», ha dichiarato l’artista.

Gli studi, la malattia, l’esperienza artistica

Proveniva da una famiglia di medici, scoprì di soffrire di una malattia autoimmune e per questo trascorse qualche mese in Tibet insieme ai monaci: riflettere su questi avvenimenti della sua vita aiuta a capire da dove vengono alcune opere esposte all’Hangar Pirelli.

Anzitutto l’Obsession de longévité, del ’95, dove un box con un lettino da agopuntura è adiacente a un laboratorio pieno di erbe medicinali della tradizione cinese e strumenti per la creazione di talismani: è «il desiderio di guarigione e longevità. È incontro fra humor, potere e limiti della scienza e potere della divinazione e del destino. Come affermano i buddisti: “prima di guarire te stesso, devi salvare gli altri”».

Tra le installazioni più d’effetto, per me c’è Jardin-Lavoir, del 2000: in una stanza ampia, luminosa e altissima, con una scala a chiocciola che corre fino al soffitto in un angolo, sono stati collocati undici letti su cui sono stati montati dei rubinetti alti, che goccia a goccia hanno riempito le vasche in cui si sono trasformati questi letti. In ognuno di questi giacciono depositati oggetti della quotidianità, in una culla solo giocattoli, in altri sono stati raggruppati:

bottiglie di vetro

computer e tastiere

valigie

scarpe

stoviglie ed elettrodomestici da cucina

libri.

Jardin-Lavoir, giardino lavatoio: l’artista ha espresso qui una volontà di purificazione dagli oggetti della vita quotidiana; dopo essersi avvicinato all’ascetismo dei tibetani, avverte il pericolo che si venga sopraffatti dal superfluo, che il capitalismo inquini lo spazio e noi.

Nel 2020, affacciarsi sul un letto pieno di computer e attrezzature tecnologiche vuol dire ritrovarci lo smartworking in cui molti di noi si ritrovano immersi dall’inizio della pandemia; le valigie e le scarpe galleggianti richiamano ancora una volta i migranti e le stoviglie richiamano i temi della questione femminile, su cui non si smette di riflettere, grazie a nuovi spunti di riflessione offerti da una maggiore consapevolezza: gli spunti offerti da queste installazioni muovono la coscienza ancora oggi come vent’anni fa.

Il tema del capitalismo in Chen Zhen

La critica al capitalismo torna, più ricca di humor, nel Bureau de change: una cabina in cui quando si affaccia la testa ci si accorge essere un bagno pubblico che evoca però un ufficio di cambio valuta, è riconoscibile il bagno turco in cui al fondo compare un tappeto di monetine.

L’installazione permanente: I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer

Sempre emozionante da vedere, l’ultima sala è quella con l’installazione dell’artista tedesco, alla quale si sono aggiunte nel tempo da 5 tele molto materiche che richiamano ancora una volta la tensione dell’uomo verso il divino, tensione che ritroviamo nelle grandi strutture architettoniche del passato.

Informazioni sulla visita

Orari

Lun-mer: chiuso

Gio-dom: 10.30–20.30

Orari del ristorante bistrot:

Lun-mer: 11–15

Gio-dom: 10.30–22.30

La visita è gratuita, a questo link si trovano le norme anti-contagio relative ai musei.